Intervista sul Taoismo

Ho trovato quest'intervista al prof. Leonardo Arena , pubblicata su Shiatsu-do, n.10, giugno 1998, più interessante di molti "mattoncini" teorici dedicati al Taoismo:-)

Ci illustri a grandi linee il processo storico di nascita e sviluppo del Taoismo

Il Taoismo nasce dalle maghe wu, un termine che caratterizza le sciamane dalle lunghe basette. Vivevano nelle radure, distanti dagli umani, ma non dai loro figli, occasionalmente generati. Da una di queste nacque, probabilmente, Lao-tzu, il "vecchio bambino".
L'origine magica del Taoismo è indubbia; oggi è ampiamente documentata. Curiosamente, o meglio per una forma di misoginia, alcuni orientalisti dissociano il Taoismo dalle donne, anche se non dal femminile. Direi invece che esse possono benissimo rivendicarne la paternità.
Più avanti, il Taoismo mostra i tratti caratterizzanti dell'ideologia contadina. E' la tesi di Fung Yu-lan, ripresa dagli storici. L'ho discussa in Vivere il Taoismo, e mi sembra avere qualche consistenza.
A me, comunque, piace pensare ai primi taoisti come anarchici, nel senso delineato dal penultimo capitolo del Tao-te-ching. Vagheggiano una piccola utopia, uno Stato ideale. La meta della libertà tornerà a più riprese negli sviluppi del movimento. Basti pensare ai Turbanti Gialli e ad altre rivolte sociali di ispirazione taoista.
Il discorso è molto ampio. Si dovrebbe distinguere un taoismo filosofico da uno religioso, che prende piede, più tardi, con la tradizione dei Maestri celesti. Quello alchemico, medioevale, fa da punto di raccordo tra i due tipi.
Devo dire che il mio interesse si concentra su quello filosofico, per le sue scelte di vita. Quello alchemico, talvolta, risulta stimolante.


Quali sono le figure più significative del pensiero taoista?

In questo caso, la risposta è più semplice e immediata: Lao-tzu e Chuang-tzu. Io ho una lieve preferenza per il secondo, che mi sembra più originale. Forse perché non ho mai amato i filosofi troppo "inflazionati". Antepongo, per esempio, l'Antico Testamento al Nuovo.
D'altra parte, il Tao-te-ching è ancora ignoto, in gran parte. Mi riferisco alla difficoltà della sua comprensione effettiva. Non corre il rischio di una divulgazione eccessiva, nei termini di una banalizzazione.

Lieh-tzu mi sembra un maestro poco organico per considerarlo a sé, quantunque la sua opera offra molti spunti.

In secondo piano, collocherei gli esponenti della corrente hsüan-hsüeh, anche detti neotaoisti. Si tratta, soprattutto, di Wang Pi e Kuo Hsiang; ma il loro lavoro è esegetico, più che innovatore o ispirativo. Prediligo quest'ultimo, come si evince dai miei libri.
Alcuni scrittori cinesi contemporanei posseggono importanti qualità taoiste, per esempio Acheng, se l'osservazione non è fuori luogo.
Cosa significa tao e come può essere definito nella sua concretezza?
Il tao è la via maestra, letteralmente e metaforicamente, da cui non si dovrebbe deviare mai. In che senso? L'indicazione è offerta, paradossalmente, in un altro ambito teorico da Carlos Castaneda: se una via (tao) ha un cuore, va seguita, altrimenti no. E' l'unica proposta che si possa formulare. Tutto il resto, persino l'accenno al wei-wu-wei, è secondario. La spontaneità, poi, non può essere una meta programmatica; la si vive, e basta.
Il Taoismo non è un corpo di dottrine, bensì uno stile di vita. Si è taoisti senza saperlo, per una scelta che, in fondo, non è tale.

Mi rendo conto di essere lapidario, ma in questa sede non posso fare altrimenti. Mi sento anche "radicale", nella mia rilettura del Taoismo.

Inoltre, mi pare che il Taoismo abbia qualche chance in più, rispetto ad altre vie di liberazione orientali: non rischia di scadere nel dogmatismo, a differenza di un certo Buddhismo, almeno com'è stato trapiantato in Occidente.
Quali sono attualmente gli aspetti vitali del Taoismo in Oriente?
Direi che in Cina la situazione è critica, da un certo punto di vista. Se si intende il Taoismo come una disciplina specifica, in senso esistenziale, concluderei che se ne sono ormai perse le tracce. Resta il Taoismo religioso, "popolare" e superstizioso, coltivato da un clero arretrato e incapace di autocritica.
Se invece si intende il Taoismo come il substrato più ampio della cultura cinese, in cui si inscrivono i suoi diversi ambiti (la medicina e la dietetica, le arti marziali, la pittura, la musica, ecc.) direi che lo si ritrova in parecchi luoghi; stavo per dire "ovunque", ma sarei impreciso. Anche i movimenti liberali della Cina attuale vi si richiamano, più o meno implicitamente.
Se poi passiamo all'Oriente in generale, il discorso diviene più fumoso. Mi risulta arduo parlare di un Taoismo coreano o giapponese. In questi casi ci sono, magari, residui taoisti che si intersecano con le tradizioni e le dottrine locali, ma è decisamente un'altra cosa.
Quale può essere l'approccio al Taoismo nella civiltà occidentale?
E' un'ottima domanda. Al pari delle altre, mi invita a precisare proprio ciò che avrei voluto.
Considero il Taoismo la via della non violenza. In sede ecologica, avrebbe molto da insegnarci. Penso a certi passi del Chuang-tzu, che suggeriscono interventi - o meglio "non interventi" - puntuali. Dovremmo riconsiderare gli aspetti femminili del nostro approccio alla natura o ai nostri simili. Certi assunti valgono sul piano dei rapporti interpersonali, non meno che dell'ambiente. Io privilegio un approccio psicologico, e ritengo che il Taoismo sia particolarmente qualificato a evidenziarlo.
D'altra parte, anche "L'arte della guerra" di Sun-tzu è un'opera taoista, a patto di inquadrarla nel suo giusto contesto: la lotta con se stessi.
Suggerimenti taoisti possono essere applicati in qualsiasi ambito professionale. Non saprei definire, per esempio, la mia attività didattica, ma la ritengo improntata al Taoismo. Un esempio. Ammettere la pluralità dei punti di vista è un modo per approfondire il dialogo, senza affrettarsi a contraddire l'interlocutore o criticarlo. Mi sembra un punto a favore di Chuang-tzu, rispetto all'approccio socratico, violento e bellicoso. Spero di rispettare questo principio nella mia attività professionale, ma è evidente che lo si può applicare a qualsiasi contesto. Persino al marketing, come già è stato fatto.
Per concludere, suggerirei di valorizzare innanzitutto la gentilezza. Potremmo persino non preoccuparci se sia un valore taoista o meno. E comunque lo è, in ogni caso.

(mi spiace non poter citare il nome dell'autore dell'intervista, forse risucchiato nella rete, i due link di riferimento sono : http://www.oocities.org e isola_di_arturo.blog.tiscali)