Nell'antico Egitto il massaggio era
considerato un'arte sacra, come l’uso delle erbe medicinali e dei vari riti
divinatori e religiosi.
Alle tecniche manuali si aggiungevano l'uso di erbe e
di balsami che avevano lo scopo di abbellire la pelle.
Il massaggio rappresenta
un aspetto importante dell’antica medicina egizia, che aveva già ragguardevoli
conoscenze anatomiche e fisiopatologiche e con una farmacopea minerale,
vegetale, animale notevolmente avanzata. I reperti, secondo gli egittologi
Ange-Pierre Leca e Salem Mahmoud Elsheikh, indicano che il massaggio era
considerato una panacea da impiegare in tutti i casi di malattie considerate di
causa oscura o sconosciuta. Praticavano
il massaggio specialisti ausiliari dei medici, mentre a questi era riservato il
compito della diagnosi, prognosi e prescrizione.
Possiamo attribuire agli Egizi
anche un ruolo importante nella storia dell’aromaterapia.
Profumi e unguenti erano in stretta relazione
con il culto degli dei presso gli Egizi: era infatti attraverso il profumo che l’uomo
si avvicinava al divino, vista la corrispondenza tra la nettezza del corpo e
quella dello spirito.
Si usavano sostanze odorose molto forti, mescolate a
grassi animali o ad oli di base, quali il “Balanos”, l’olio di oliva, l’olio di
ricino, l’olio di rafano, l’olio di coloquintide e l’olio di sesamo. Di maggior
pregio il “Nenufar”, ottenuto con il
loto dai fiori azzurri e molto apprezzato da Tutankamen; il “Qamdi”, ricavato
dai gigli; il “Kuphty” di cui si fa menzione in un papiro della piramide Cheope
e relativamente al quale Plutarco, elenca i 60 elementi che lo compongono. Il
prodotto più a buon mercato era il “Chichi”, usato come protettivo solare e
definito da Erodoto di “odore nauseabondo” in quanto preparato con olio di
ricino.
Dall'Egitto proveniva il Metopium, tra i cui
ingredienti figurava anche il costosissimo "Balsamo di Giudea". In
età imperiale Alessandria era il maggior centro di smistamento delle spezie e
delle erbe aromatiche che da qui venivano inviate a Roma e, soprattutto, a
Preneste, Napoli e Capua, dove si trovavano i massimi produttori di essenze ma
anche i più abili contraffattori (!) dei più famosi profumi dell'epoca.
Oltre
che in ambito sacro, di oli e unguenti si faceva anche un ampio uso profano:
non solo se ne aveva una
conoscenza così approfondita (sapendo bene a quali parti del corpo e relative
malattie fossero destinati) ma erano
indispensabili per proteggere la pelle dal sole cocente o dal vento di sabbia tanto
che un loro mancato arrivo provocò un grandioso sciopero nel villaggio di Deir
el-Medineh ai tempi di Ramesse III (1198-1167 a.C.), nonchè un’insurrezione
delle truppe di Seti (1300 a.C. circa).