Il massaggio nel Medioevo, tra Medichesse,guaritrici e "streghe"





Durante il medioevo, il massaggio fu quasi completamente abbandonato.
Ma non bisogna pensare a quest’epoca come a una specie di buco nero in cui tutto, per secoli, sembra essere sospeso.
La visione religiosa del mondo, durante i primi secoli del Medioevo fino circa al XIV, creò una mentalità tesa a relegare la realtà materiale a una condizione di subordinazione allo spirito. Il corpo umano vive una lunga stagione di rinunce e divieti imposti dalla Chiesa per contrastarne i bisogni naturali, percepiti come contrari alla salvezza dell'anima.
Ma questa rinuncia non è una costruzione esclusiva del Cristianesimo: esiste una continuità tra le prime dottrine cristiane e la filosofia morale del mondo antico agli inizi del suo declino: nei "Pensieri" dell'imperatore Marco Aurelio (200 d. C), per esempio, emerge la figura del saggio stoico, intriso di ascetismo, capace di resistere alla bassezza delle proprie passioni, per dedicarsi alla ricerca della verità.
Il massaggio, però, sebbene il contesto storico non lasci troppo spazio ai piaceri e alle necessità del corpo, non scompare del tutto.
Abbiamo testimonianza della pratica di massaggi con pomate, come quella olio di rose, grasso animale e foglie di ruta (ruta graveolens). L’unguento corposo che ne risultava, veniva utilizzato per massaggiare i reni in caso di insufficienza renale: il massaggio avrebbe stimolato il surrene a produrre gli ormoni necessari a regolarizzare la pressione.  
Durante il medioevo si formarono le “Medichesse” ed è anche a loro che si deve l’attenzione al massaggio come pratica terapeutica e la concezione della salute come equilibrio tra anima e corpo. Già nell’anno 1000, nella Scuola Medica Salernitana figuravano nomi femminili: come Abella, Mercuriade, Trotula de Ruggiero, detta la “Sapiente Signora”, autrice di numerosi testi tra cui il Trotula minor, trattato sulla cura delle malattie della pelle, nel quale si occupò dell’igiene del corpo e diede consigli su come migliorare lo stato fisico con massaggi e bagni.
Anche la benedettina  Ildebarda di Bingen, (1098-1171) scrisse molte opere nelle quali sostiene un approccio terapeutico che oggi definiremmo olistico, ritenendo la malattia rottura dell’equilibrio tra corpo e spirito: l’uomo si ammala quando è in conflitto con sé e con gli altri, mosso da odio, rabbia o paura, sentimenti dei quali è necessario liberarsi con il perdono e la consapevolezza dei propri stati d’animo, attraverso un’energia che lei chiamava Virtù, o viriditas: il rapporto tra l’uomo, con i suoi sentimenti e le sue riflessioni, e la natura, potente alleata della guarigione. 
La sua viriditas era quel che i romani chiamavano integritas, integrità, e i greci holon, il tutto.
 Le donne ebbero accesso alla studio della medicina fino al 1300, poi il ceto universitario maschile le escluse. I testi di Tortula vennero usati fino al XVI secolo ma attribuiti ad uomini.
 La chiesa cattolica tra il XIV e il XVI secolo perseguitò guaritrici, erboriste e ostetriche.
 L’apice (o l’abisso) fu  raggiunto con la caccia alle streghe.
E si riteneva fosse un unguento spalmato sul corpo a rendere le streghe capaci di volare:

« Unguento, unguento
portami al noce di Benevento
sopra l'acqua e sopra il vento
e sopra ogni altro maltempo.